Basta dirmi che mio figlio è viziato!

Basta dirmi che mio figlio è viziato!

Quando si parla di educazione del bambino, di capricci e di brutte abitudini, le opinioni sono tante e molto discordanti.

Molte ostetriche, consulenti baby e pediatri ritengono che tenere in braccio il bambino e assecondarlo ogni qualvolta ha questa esigenza, sia una risposta al bisogno di affetto e contatto che il piccolo ha una volta uscito dal ventre materno.
Appena nato il bambino è ancora un tutt’uno con la propria mamma, dipende da lei fisicamente in ogni momento della giornata. Stare in braccio quindi è un bisogno fisico e fisiologico, è la necessità di sentirsi protetto, rassicurato e al sicuro in un mondo così grande. Dunque dire ad una mamma: “Se continui a tenerlo sempre in braccio lo vizi!” non è un buon consiglio.

Il Contatto fisico è un bisogno naturale?

Esatto! Sfatiamo questo mito dei vizi delle braccian
Il tatto è il primo senso che si forma e, attraverso la pelle, le ‘informazioni’ arrivano al cervello.

Già nella vita uterina, verso l’ottava settimana, l’embrione ha una pelle molto sviluppata in grado di reagire agli stimoli. In altre parole, la pelle è l’organo del nostro corpo che si sviluppa per primo e ha maggiori connessioni con il sistema nervoso centrale. Il bisogno di contatto garantisce al bimbo la sopravvivenza fuori dalla pancia. Insomma, non si può vivere senza contatto.

Cosa succede lascio piangere il mio bambagino ignorando il suo bisogno?

Per un neonato, il pianto è l’ultimo segnale, la sua ultima ‘risorsa’ per dimostrare un qualche disagio. In genere, prima di strillare disperato, avrà cercato di comunicare con l’adulto lanciando altri segnali che probabilmente non sono stati interpretati.

È allora importante prenderlo in braccio e confortarlo. Da uno studio recente è emerso che quando il piccolo urla inconsolabile bastano due minuti perché entri in circolo nell’organismo il cortisolo, l’ormone dello stress. E poi ci vogliono almeno 24 ore affinché venga riassorbito oltre al fatto che il pianto ignorato fa sentire il piccolo incapace di usare quanto la natura gli ha dato, un segnale evidente che il genitore volutamente ignora.

Limitare le occasioni di contatto significa privare il bimbo di quelle iniezioni di fiducia così importanti per l’acquisizione dell’autostima, necessaria per una crescita sana e serena.

Viceversa, se noi ascoltiamo e soddisfiamo questo suo bisogno, il bambino costruirà delle rappresentazioni di sé come degno di fiducia e amore, e degli altri come persone delle quali ci si può fidare.

Ma allora da cosa nasce l’idea che il neonato viene viziato se tenuto in braccio?
questo modo di pensare è figlio della maniera di crescere i piccoli che era diffusa circa quaranta anni fa: in quel periodo il distacco dalla madre era massimo, i piccoli appena nati venivano subito messi al nido e dati alla mamma solo qualche volta al giorno, il tempo necessario per prendere il seno.

In questo modo i bambini erano forzati da subito a fare a meno del bisogno di contatto, ma ciò non significa che non ne sentissero la necessità.
La nostra società è una società a basso contatto, dove i piccoli sono tenuti in sdraiette, lettini, culle e passeggini, e dove il sonno difficilmente è condiviso; è stato provato che i bambini delle società ad alto contatto (che vengono portati in braccio o nella fascia, che vengono allattati a lungo e che dormono accanto ai genitori) presentano minore aggressività e piangono meno.

In che modo posso gestire questo suo bisogno?

Prima di tutto diventando consapevole del bisogno del tuo bambino, e di come favorire realmente il suo benessere.
Poi occorre lavorare su di te, per imparare a stare in contatto con il tuo bambino.
E occorre organizzarsi in base alle proprie esigenze per facilitare il bisogno di contatto del bambino, senza che tu mamma diventi un’acrobata con mille braccia ???? poichè dare una risposta al bisogno primario di vicinanza fisica del bambino non vuol dire rinunciare a qualsiasi tipo di attività per sei mesi. Basta ingegnarsi un po’:

1) Nei primi sei mesi di vita un’ottima soluzione, ancora poco praticata, è anche quella di appoggiare il neonato per terra, vicino a sé, su un tappeto morbido con tanti cuscini intorno. Non è necessario tenerlo sempre nella culla, nell’ovetto o sulla sdraietta che è rigida e può risultare scomoda. Per terra, tra l’altro, il neonato può muoversi, sgambettare e sentirsi più libero. Così, la mamma, per esempio, può stare in cucina e preparare la cena tranquilla con il suo bimbo appoggiato su un tappeto vicino a lei.


2) Un altro consiglio è quello di utilizzare una Fascia:
Essere a contatto corporeo stretto con le proprie figure di accudimento rassicura il piccolo d’uomo: può udire il battito del cuore del papà, annusare il profumo della pelle della mamma, toccare il corpo genitoriale. Riesce a riconoscere così una fonte di sicurezza immediata senza sentirsi perso nel mondo ancora troppo grande e sconosciuto per lui.
Non è vero che stare vicino alla mamma dentro la fascia ‘blocchi’ dal punto di vista fisico il normale sviluppo del neonato nei primi sei mesi vita.
Al contrario, la fascia è utilissima e comoda, ma deve adattarsi al singolo bimbo, un po’ come un buon paio di scarpe!

X